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Banda Ultralarga: scopriamo la differenza tra aree bianche, grigie e nere

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Nel 2015, il governo Renzi ha varato la Strategia Italiana per la Banda Ultralarga, nota come Piano BUL, per portare la connessione a Banda Ultralarga in tutto il Paese, specialmente in quelle zone che avevano una velocità inferiore a 30Mbps. L’obiettivo era quello di ridurre il gap infrastrutturale e di mercato esistente e di promuovere lo sviluppo integrato delle infrastrutture di telecomunicazione fisse e mobili.

Per raggiungere tale obiettivo, la Commissione Europea ha suddiviso le zone in tre tipologie: “aree bianche”, “aree grigie” e “aree nere”. Le “aree nere” sono quelle zone in cui investono o investiranno almeno due operatori, ognuno con una propria rete, che erogano servizi a banda ultralarga. Le “aree grigie” sono quelle in cui investe o investirà un operatore che fornisce servizi di connettività a banda ultralarga. Le “aree bianche” sono quelle zone in cui nessun operatore investe o investirà in connettività a banda ultralarga, e in cui sarà richiesto l’intervento economico dello Stato.

La situazione attuale è stata presentata dal ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, al congresso Fim-Cisl, sostenendo che il piano “Italia Digitale 2026” sostenuto dal ministro dell’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale Vittorio Colao non può essere raggiunto a causa della mancanza di lavoratori e della capacità produttiva, i due colli di bottiglia sull’offerta rispetto alla domanda. Il piano prevede di portare la connessione a banda ultralarga da 1 Gbps a tutte le famiglie e le imprese in Italia entro quattro anni.

Tuttavia, dai risultati della consultazione pubblica indetta da Infratel Italia, sembra che l’Italia passerà da una copertura a banda ultralarga dell’82% a oltre il 99% del territorio. Questo grazie agli investimenti privati previsti per le “aree nere” e “grigie” e quelli dello Stato destinati alle “aree bianche”. Inoltre, la connessione ad alte prestazioni (quelle che raggiungono 1Gbps di velocità) arriverà a coprire il 74% del territorio nazionale, contro il 15% del momento attuale.

L’implementazione di tale piano richiede un lavoro mastodontico, il cui stato dei lavori è consultabile su un’apposita mappa dei cantieri. È importante ricordare che il termine “area” non indica un comune, ma un comune può avere al suo interno più aree. Inoltre, con “Banda Ultralarga” si intendono reti di tipo NGA (Next Generation Access), che permettono di raggiungere una velocità di download superiore a 30Mbps, ovvero di fatto ci si riferisce a collegamenti di tipo VDSL, FTTH e FWA su frequenze licenziate.

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Giorgetti: “Fibra per tutti in Italia entro il 2026 sarà una sfida difficile da raggiungere”

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Il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti ha dichiarato che sarà difficile, se non impossibile, rispettare gli obiettivi del piano “Italia Digitale 2026” promosso dal ministro dell’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale Vittorio Colao. Il piano prevede di dotare tutte le famiglie e le imprese in Italia con una connessione a banda ultralarga da 1 Gbps entro quattro anni.

Tuttavia, secondo Giorgetti, questo obiettivo non sarà possibile da raggiungere a causa della mancanza di lavoratori e della capacità produttiva. In altre parole, il piano non può essere realizzato perché non ci sono sufficienti risorse disponibili per raggiungere l’obiettivo, considerato come uno dei più ambiziosi della rivoluzione digitale.

Il cronoprogramma attuale per le reti ultraveloci, che includono anche le reti mobili 5G, prevede l’assegnazione dei bandi “Italia a 1 Giga” entro giugno 2022 e l’assegnazione di tutti i bandi entro la fine di dicembre 2022. L’implementazione della connettività a banda ultralarga nelle isole minori sarà invece completata entro la fine del 2023 con l’obiettivo di raggiungere il 100% dei progetti entro la fine del 2026. Tuttavia, secondo Giorgetti, questo obiettivo sarà difficile da raggiungere a causa delle sfide poste dalla capacità produttiva e dalla mancanza di lavoratori.

La dichiarazione di Giorgetti rappresenta una frenata per il piano “Italia Digitale 2026” e solleva preoccupazioni sul futuro della connettività a banda ultralarga in Italia. Tuttavia, non è ancora chiaro se ci saranno conseguenze sul finanziamento e l’implementazione del piano stesso. Ci saranno probabilmente ulteriori sviluppi e aggiornamenti sulla situazione nei prossimi mesi.

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